Ad un anno da IDENTITA’, si ripropone un altro evento che cerca di collegare l’espressione artistica alla malattia mentale, dipingendo paesaggi.
Intervento inaugurativo del 26 Settembre 2015 al Palazzo delle Opere Sociali di Vicenza
dr.ssa Sabina Scattola – psicologa-psicoterapeuta C.A. Gardenia 1-2
Rieccoci qui per il secondo anno con più di una quarantina di distillati di tutte le opere prodotte dagli utenti in due ateliers artistici di due comunità, simili per tipologia in quanto si tratta di due comunità alloggio base, in due location storico-culturali e paesaggiste splendide, Vicenza al parco S. Felice per le C.A. Gardenia 1-2, e Marostica nel laboratorio di Vallonara (etimologicamente la valle degli olmi).
Evidentemente la nostra metodologia di lavoro, a più mani, è stata apprezzata e ritenuta interessante dal punto di vista “terapeutico” e così da metodologia sperimentale di Gardenia é divenuta anche sperimentazione per altri colleghi della Cooperativa “Un segno di pace”.
Non siamo più orfani ma abbiamo dei fratelli, e questo è molto bello, stimolante e arricchente.
Questa esposizione che viene inaugurata oggi è il giusto seguito del lavoro 2013-2014 in atelier sul complesso tema dell’ “IDENTITÀ”, che ha portato a fine gennaio 2014 alla Mostra in Museo Diocesano e alla prima produzione scritta sul senso di questo intervento, che non è propriamente né “arte-terapia” né psicopatologia dell’espressione ma un’attività a supporto di tutti gli altri interventi terapeutici che si fanno in comunità, in particolare di quelli psicoterapici individuali e di gruppo.
E’ un’attività a “mediazione terapeutica”
Incoraggiati dal “successo” sul precedente tema abbiamo continuato e ci siamo proposti di esplorare le diverse identità degli utenti nel loro “mondo interno” cercando di individuare che cosa le sostanzia e le differenzia le une dalle altre facendone delle unicità, originalità e irripetibilità umane.
Il pre-testo reale, concreto, artistico da cui è scaturito il Tema (PAESAGGIO EMOTIVO: MEMORIA, REALTÀ, DESIDERIO) di questa esposizione è stato ancora una volta una mostra in Basilica Palladiana, “Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento”, ma il lavoro è stato molto personale, e con una valenza simbolico-espressiva profonda: la rappresentazione del paesaggio come metafora del “mondo interno” in rapporto con la realtà esterna.
Quali sono i “luoghi del cuore” che abitano in loro, quali sono le immagini più evocative che li attraversano nel “qui ed ora” e che fanno parte della loro storia personale e sociale, o si costruiscono ex novo nell’incontro terapeutico tra due soggettività?
Il risultato estetico, e non solo, si potrebbe sintetizzare con il titolo di un’altra meravigliosa mostra a Venezia che ho visitato recentemente a Palazzo Ducale, ossia Il Candore arcaico di H. Rousseau.
Tutte le opere dei due ateliers presentano scorci di paesaggio naturale, della campagna contadina e di quella collinare o montana, paesaggi cittadini, metropolitani e istituzionali, animati da una singolare attenzione per la vita ordinaria.
Nella maggiorparte dei dipinti non compaiono personaggi. I personaggi sono proprio loro l’IO-PAESAGGIO.
Molti di loro presentano un’ immagine di natura anonima e solitaria, senza presenza umana e senza tracce del suo passaggio, a testimonianza di una percezione attuale della condizione esistenziale di se stessi che, nel lungo tempo della sofferenza ha disintegrato la capacità di stare in relazione e comunicare con un altro da Sé, seppellendo il/i traumi autobiografici di un rapporto intersoggettivo o completamente assente o eccessivamente presente.
Il “candore arcaico” di questi utenti si evidenzia nel trattamento dei colori come emozioni. Ci immergiamo in colori intensi, che ritornano in continuazione a marcare uno stile, un linguaggio ed una “firma”.
Queste opere si imprimono nella ns memoria per non uscirne più e allo stesso modo riecheggiano in questi lavori tutto un patrimonio di immagini, che sono in fondo gli archetipi visivi della nostra civiltà, e si esprimono, forse più che in tutti gli altri soggetti, nella rappresentazione di paesaggi dell’infanzia.
L’infanzia è forse il tema più scomodo, difficile e insidioso, e tra le più grandi eredità che gli artisti-utenti ci donano: infanzia come stato di grazia, come viaggio all’origine delle cose…
In quasi tutte le opere assai più che di soggetti si tratta di “scene rappresentative”, “istantanee” che esprimono momenti singoli, carichi di emozione, nell’ ambito di una drammatica successione di fatti della loro vita;
si vedano per es. i dipinti di “Caterina che dalla campagna va in città”, e ancora i luoghi affettivi del percorso autobiografico di Enrico che sono veri e propri paesaggi emotivi, o quelli di Mario che sostanzia nel tema (“Venezia-Milano-Venezia”) e nel tratto pittorico uno stato d’animo particolare di un altrettanto particolare periodo del “qui ed ora” e non del “là e allora”.
Roberto è l’evidenza massima di questo IO-Paesaggio…lui stesso mascherato è alla ricerca di una identità in una nuova terra.
Paesaggi come fasi significative del difficile percorso di crescita e maturità emotiva sono rappresentate da Chiara in opere in cui prevale il colore forte, espresso con rossi passionali e sanguigni, con il blu e l’azzurro immensi e dalla profonda sonorità, tutti impressi nella loro esuberanza cromatica.
In Fabio il paesaggio è sottoposto ad una costante evoluzione lungo l’intero arco del suo percorso artistico. Nel biennio ha dimostrato una elaborazione tematica molto significativa, pur nell’apparente ripetitività delle case che da istituzioni chiuse e asilari (es. le chiese e il servizio psichiatrico) si sono fatte luoghi affettivi e relazionali più aperti. Le case ora sembrano volti umani e hanno una tipica connotazione familiare.
L’intento di questi autori è quello di ” farsi capire da tutti direttamente senza intermediari”, assegnando alle opere un valore terapeutico tendente alla serenità dell’animo.
Se l’obiettivo di questa attività a “mediazione terapeutica”, condotto da Cristina C. (OSS con formazione artistica) con un numero autoselezionato di utenti appassionati in un setting specifico, supervisionato dalla qui presente e da un curatore artistico, era quello di far decollare una comunicazione non solo descrittiva ma intersoggettiva tra operatori e utenti e tra utenti, io credo che quest’anno ci siamo riusciti, abbiamo raggiunto questo importante obiettivo.
Gli articoli del Il Gazzettino e del Il Giornale di Vicenza con le recensione della mostra, e l’intervista rilasciata al sito artesacravicenza.org.
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