Psicoanalisi e società

Survive-With-a-Narcissistic-Mother-Step

In questa sezione vorrei proporvi delle suggestioni di “Psicoanalisi e Società”.
Delle riflessioni profonde e moderne di grandi autori italiani e non, di impostazioni culturali, filosofiche e psicologiche diverse nell intento di mostrarvi come la psicoanalisi sia una chiave di lettura di fenomeni attuali che investono la società 2.0.
Nello specifico l articolo ” Le mamme narciso”di M. Recalcati tratta di una radicale trasformazione  che sta  investendo sempre più l’ istituto materno,  ossia si vive meno per i propri figli e più per rivendicare la propria autonomia.
Vediamo come cambia un’immagine secolare.

Sabina Scattola

 

Ciao figlio, è il tempo della mamma Narciso.
Dal sacrificio senza limiti alla donna coccodrillo così cambia la figura materna.

Nella cultura patriarcale la madre era sintomaticamente destinata a sacrificarsi per i suoi figli e per la sua famiglia, era la madre della disponibilità totale, dell’amore senza limiti. I suoi grandi seni condensavano un destino: essere fatta per accudire e nutrire la vita. Questa rappresentazione della maternità nascondeva spesso un’ombra maligna: la madre del sacrificio era anche la madre che tratteneva i figli presso di sé, che chiedeva loro, in cambio della propria abnegazione, una fedeltà eterna. E’ per questa ragione che F.Fornari aveva a suo tempo suggerito che i grandi regimi totalitari non fossero tanto delle aberrazioni del potere del padre, ma “un’inondazione del codice materno”, una sorta di maternage melanconico e spaventoso.
Sicurezza e l’accudimento perpetuo in cambio della libertà. Sulla stessa linea di pensiero J. Lacan aveva una volta descritto il desiderio della madre come la bocca spalancata di un coccodrillo,insaziabile e pronta a divorare il suo frutto. Era una rappresentazione che contrastava volutamente le versioni più idilliache e idealizzate della madre.
Quello che Lacan intendeva segnalare e’ che in ogni madre, anche in quella più amorevole, che nella struttura stessa del desiderio della madre, troviamo una spinta cannibalica (inconscia) ad incorporare il proprio figlio.
È l’ombra scura del sacrificio materno che nella cultura patriarcale costituiva un binomio inossidabile con la figura, altrettanto infernale, del padre padrone. Era la patologia più frequente del materno:  trasfigurare la cura per la vita che cresce in una gabbia dorata che non permetteva alcuna possibilità di separazione.
Il nostro tempo ci confronta con una radicale trasformazione di questa rappresentazione della madre:  ne’ bocca di coccodrillo ne’ ragnatela adesiva ne’ sacrificio masochistico ne’ elogio della mortificazione di sé.  Alla madre della abnegazione si e’ sostituita una nuova figura della madre che potremo definire “narcisistica”. Si tratta di una madre che non vive per i propri figli, ma che vuole rivendicare la propria assoluta libertà e autonomia dai propri figli.
L’ultimo capolavoro del giovanissimo e geniale regista canadese Xavier Dolan titolato “Mommy” (2014) mostra il passaggio delicatissimo tra l una e l altra di queste rappresentazione della maternità. Per un verso la coppia madre -figlio del film assomiglia alla coppia simbiotica della patologia patriarcale della maternità: non esiste un altro mondo al di fuori di se’, non esiste un terzo, non esiste padre, non esistono uomini, non esiste nulla. E’ una negazione chi è il regista trasferisce abilmente in una opposizione tecnica traumatica: le riprese a 3 quarti, l’assenza di fuori campo, come ha fatto notare recentemente Andrea Bellavita, evidenzia un mondo che non conosce alterità, che non ha alcun “fuori” rispetto al carattere profondamente incestuoso di questa coppia. Ma è l’atteggiamento finale della madre che risulta inedito rispetto alla rappresentazione sacrificale del desiderio materno. Ella non trattiene il figlio problematico, diagnosticato “iperattivo”, ma, seppur contradditoriamente, vorrebbe liberarsene. Il suo desiderio non è più quello rappresentato dalla madre coccodrillo e dalla sua spinta fagocitante, ma quello di risultare, come afferma nella battuta finale, “vincente su tutta la linea”; per questo decide di affidare il figlio intrattabile ad una Legge folle che prescrive il suo internamento forzato.
Madre descritta in Mommy  rappresenta il doppio volto della patologia della maternità: da una parte l’eccessiva presenza, l’assenza di distanza, il cannibalismo divorante, dall’altra l’indifferenza, l’assenza di amore, la lontananza, l’esaltazione narcisistico di se stessa. Il problema della madre narcisistica non e’ più infatti quello di separarsi dai propri figli ma di doverli accudire; non è più quello di abolirsi masochisticamente come donna nella madre, ma vivere il proprio diventare madre come come un attentato, un handicap, anche sociale, al proprio essere donna. La spinta divoratrice della madre coccodrillo si è trasfigurata nell’ ossessione per la propria libertà e per la propria immagine che la maternità rischia di limitare o di deturpare. Il figlio non e’ una proprietà che viene rivendicata, ma un peso dal quale bisogna sgravarsi al più presto. Si tratta di una inedita patologia narcisistica del materno.
Si tratta di donne che vivono innanzitutto per la loro carriera e solo secondariamente e senza grande trasporto per i loro figli. In  gioco e’ la rappresentazione inedita di una madre che rifiuta giustamente il prezzo del sacrificio  rivendicando il diritto di una propria passione capace di oltrepassare l’esistenza dei figli e la necessità esclusiva del loro accudimento. È il dilemma di molte madri di oggi. Il problema però non consiste affatto in quella rivendicazione legittima e salutare anche per gli stessi figli, ma nell incapacità di trasmettere ai propri figli la possibilità dell amore come realizzazione del desiderio e non come il suo sacrificio mortifero. Se la maternità è vissuta come un ostacolo alla propria vita è perché si è perduto quella connessione che deve poter unire generativa mente l’ essere madre all essere donna. Se c’è stato un tempo quello della cultura patriarcale dove la madre tendeva ad uccidere la donna, adesso il rischio è l’opposto; e’ quello che la donna possa sopprimere la madre.
M. Recalcati, La Repubblica 28 febbraio 2015

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